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IMPRESA
MATTEO AVELLA: UN SOGNO CHIAMATO ACQUA “AMATA”
07 Aprile 2021
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La scoperta di Giovanni Antonio Mazzone: nessuno gli credeva, neanche sua moglie! L’incontro con suo genero porta alla svolta, sino a giungere alla terza generazione targata Matteo Avella, giovane e intraprendente, proprio come suo nonno.


Come nasce Acqua Amata?

Mio nonno scoprì la sorgente in modo casuale: stava cercando acqua per irrigare i suoi campi e si imbatté in una sorgente a circa 600 metri sotto terra. Così nel 1993 dopo un attento studio idrogeologico del bacino, della profondità, della roccia e dell’età dell’acqua, Giovanni Antonio Mazzone chiese alla Regione Puglia il permesso di ricerca. Ottenuto il permesso, furono avviate delle analisi stagionali svolte per legge, per constatare se nell’arco dell’anno cambiassero le proprietà microbiologiche dell’acqua.

Nel 1996 fu costituita l’attuale società, ma fu nel 1998 che il Ministero della Salute riconobbe, finalmente, Acqua Amata come acqua minerale oligominerale. Insomma Acqua Amata nasce da un sogno!

Quindi il 1996 è l’anno da cui si parte.

Questa società è nata a dicembre del 1996 mentre io sono nato a settembre dello stesso anno. Praticamente ho solo qualche mese in più! (sorride ndr). Anche se molto piccolo, ho un ricordo molto nitido di quegli anni. Ricordo ad esempio di un escavatore al lavoro, proprio qui, in quello che è un territorio prevalentemente roccioso. Purtroppo per scavare ce n’è voluto di tempo, oltre che di risorse. In quell’anno abbiamo iniziato a costruire, ad acquistare i primi macchinari, a progettare la prima linea d’imbottigliamento. E piano piano è stata costituita, da mia madre e mio nonno, la società attuale, sino a giungere ai giorni nostri. Acqua Amata è nata da zero, da persone che non erano del settore. È eccezionale raccontare, a 24 anni, della fondazione di un’azienda leader in Puglia, in crescente espansione. Di recente siamo anche stati inseriti da Forbes Italia tra le 100 eccellenze italiane. Un’azienda nata, ripeto, da ignoranti del settore: mio padre, Giuseppe Avella, è un architetto, mia madre, Maria Mazzone, collaborava con le aziende agricole di mio nonno. Oggi siamo una realtà con la R maiuscola.

Tuo nonno è stato determinante quindi…ce ne parli un po’?

Mio nonno, Giovanni Antonio Mazzone, classe 1935, 86 anni a breve, è sempre stato molto determinato. Quando scoprì la sorgente, non gli credeva nessuno! Nel 1986 gestiva un’azienda agricola e comprò gli ettari di campagna in cui oggi sorge il nostro stabilimento. Comprò questi terreni perché colpito dalla vista mare, ma non pensò al fatto che fossero così tanto rocciosi. Per coltivarli, naturalmente, aveva la necessità di trovare l’acqua per irrigarli e fu così che un bel giorno la trovò! Per i lavori, finalizzati all’irrigazione, aveva allestito un cantiere e pagava dei guardiani che di notte controllavano lo stesso per evitare furti che all’epoca a Casamassima erano dilaganti. Nonostante ciò, avendo paura che gli rubassero i macchinari acquistati (generatore di corrente, escavatori etc. ndr), una notte, si mise in macchina da Turi, per raggiungere il cantiere, tra il buio e le tortuose strade di campagne. Nonno era narcolettico e spesso si addormentava, tanto da aver distrutto più di un’autovettura per questo problema. Come raccontavo, quella notte la sua mente “pazza” decise di far compagnia ai guardiani. Per tenersi sveglio, quindi, dovette fare qualcosa! Cominciò a bere quest’acqua sorgiva che veniva fuori dalla roccia. Lui lo faceva per stare male, pur di restare sveglio ed evitare furti. Il giorno dopo però, addirittura, si sentiva meglio. Capì subito la purezza e gli effetti benefici di quell’acqua che aveva bevuto. Lo andò subito a raccontare a mia nonna: “Io ho bevuto quest’acqua ed è buona!”. Mia nonna, incredula, gli rispondeva: “Tu l’acqua nel cervello ce l’hai!”. Passò un po' di tempo e in quegli anni mia madre si fidanzò con mio padre. Nonno, a cui nessuno dava credito, trovò in mio padre il giusto interlocutore, l’unico a crederci. Delegò lui per far analizzare quell’acqua che, nel frattempo, continuava a bere. E Intanto, i giornali ne cominciavano a parlare. È seguito, come detto, un iter burocratico lunghissimo fino a giungere al famoso permesso del ‘98. Le cose andarono malissimo nei primi anni! Si perdeva all’incirca 1 milione di euro l’anno sino a quando un bel giorno mia madre venne in azienda e licenziò tutti, creando un suo team di fiducia. Pian pianino siamo diventati quelli che siamo. Di recente, abbiamo investito 9 milioni di euro per guardare con ambizione al futuro. Oggi non possiamo lamentarci: ogni anno, difatti, vinciamo premi importanti per affidabilità finanziaria e performance gestionali, una gran bella soddisfazione!

Bella storia.

Non è stata facile, gli inizi sono stati difficili. C’è tanto lavoro dietro! Io personalmente devo ringraziare i miei genitori e mio nonno, ma soprattutto mia madre per tutta la passione ed i consigli che continua a darmi. Io lavoro qui da qualche anno e mi occupo di vendite nel canale retail e marketing. Grazie ai consigli di mia madre e agli studi compiuti, come i master alla “Luiss Business School” di Roma, anche io, nel mio piccolo, posso dire di portare avanti l’azienda.

Quando c’è stata la svolta?

La svolta c’è stata proprio quando mia madre ha preso le redini dell’azienda. Ha creato un suo team e grazie all’aiuto di mio padre hanno iniziato, nei primi anni 2000, a creare un brand, che oggi è leader in Puglia e che si sta espandendo in altre regioni. Il nostro obiettivo è diventare, nel giro dei prossimi tre anni, un brand nazionale. Come si suol dire, abbiamo le armi dalla nostra parte.

In ogni storia c’è sempre un incontro importante.

L’incontro decisivo è stato, sicuramente, quello tra mio padre e mio nonno. Mio nonno diede a mio padre il difficile compito di seguire tutto l’iter di scoperta della sorgente, come dicevo prima. Oggi mio padre ha 65 anni e continua a darci una mano in azienda.

Giunti a questo punto la nostra intervista vira, inevitabilmente, sul papà di Matteo, l’Arch. Giuseppe Avella, attento spettatore della nostra piacevole chiacchierata e primo tifoso di suo figlio. Giuseppe è emozionato nel ripercorrere la curiosa avventura intrapresa con suo suocero sul finire degli anni ’80: un’avventura alla quale non credeva nessuno all’inizio!

Arch. Avella, da dove partiamo?

Quando abbiamo iniziato tutto questo, io e mio suocero, siamo stati veramente degli avventurieri. È come se tu prendessi una macchina, acceleri ma non sai a che velocità stai andando e dove vuoi e devi arrivare! La vita però è fatta di opportunità. L’opportunità, qual è stata? Io quella di trovare mio suocero e lui di trovare me! La nostra unione ha sviluppato un progetto che non era altro che il desiderio di mio suocero, scopritore della fonte. Oggi siamo arrivati ad avere dei risultati importanti che ci hanno permesso di ottenere anche premi abbastanza prestigiosi.

Un cammino irto di difficoltà.

I momenti difficili sono stati all’inizio. Le aziende sono fatte di uomini. Nel nostro caso, purtroppo, non abbiamo avuto la fortuna di trovare sulla nostra strada uomini che ci consentissero di avviare una startup, o meglio, una startup con una partenza degna rispetto alle premesse. Ciò a cui siamo arrivati oggi, potevamo infatti raggiungerlo qualche anno fa. L’obiettivo di questa azienda è sempre stato quello di crescere e di farci conoscere: nel momento in cui vendi un prodotto che piace, acquisisci consumatori. Sono loro a reputare Acqua Amata, un’acqua salutare! Se ci penso bene, però, oggi arriviamo a tutto questo, solo perché mio suocero ha voluto fare l’avventuriero, fidandosi ciecamente di me.

Un aneddoto?

Sicuramente il primo giorno in cui mio suocero mi svelò la cosa: “Peppì, ho questo desiderio, ho questo sogno nel cassetto!”. Io ero un architetto ed ero abituato ad incontrare gente che mi prospettava progetti. Nella vita, peraltro, non ho mai avuto paura di nulla e di nessuno e fu così che ho voluto cogliere quell’input: l’ho vissuto con tranquillità e serenità.

Torniamo alle origini.

Mah, in primis, siamo stati bravi ad avere tutte le autorizzazioni in poco tempo. Successivamente, abbiamo girato Italia e Europa alla ricerca di macchine per le linee di imbottigliamento. Girando le varie aziende, abbiamo deciso di scegliere macchine italiane! Una signora azienda, quella che ci ha fornito la linea d’imbottigliamento, oggi ancora in vita grazie ad una manutenzione precisa e costante nel tempo. Bene, dopo aver riempito questo stabilimento dei macchinari necessari, abbiamo così cominciato a produrre qualche bottiglia. La domanda è sorta spontanea: “Ma quest’acqua, la dobbiamo bere noi?”. In buona sostanza, ci voleva una forza commerciale che potesse far sviluppare la vendita di questo marchio sconosciuto. Eravamo consapevoli che i primi anni non sarebbero stati facili. In molti ci dicevano: “Chi ti conosce? Chi sei?”. Le abbiamo provate tutte: dai gadget al prezzo di vendita. I primi commerciali che abbiamo assunto, nonostante provenissero da importanti aziende multinazionali, non sono riusciti a darci quella mano che ci aspettavamo. Abbiamo anche fatto pubblicità su Telenorba, abbiamo collaborato con Divella, omaggiando di una confezione di spaghetti chi acquistava la nostra acqua da due litri. Dopo un po' di anni ci siamo accorti che non era quello il canale giusto per poter dare sviluppo al nostro prodotto. Abbiamo così licenziato questi personaggi e ci siamo fatti le ossa, grazie all’aiuto di consulenti esterni. Loro ci hanno fatto comprendere, ad esempio, quella che è l’analisi dei costi: dalla bottiglia all’acqua sino a giungere al prezzo di vendita. Ci siamo, quindi, posizionati nella fascia giusta diventando, col tempo, concorrenti dei vecchi marchi nazionali.

Nel futuro c’è Matteo?

Avendo fatto i miei percorsi di studi, ho sempre prediletto una buona base scolastica per i miei figli, indipendentemente dal tipo di lavoro che avessero voluto intraprendere. Da piccoli venivamo anche nel mio studio per comprendere di cosa mi occupassi. Sia Matteo che suo fratello hanno però seguito il campo dell’Economia e del Management. Non ho ostacolato affatto la loro scelta e sono abbastanza contento per loro e, in questo caso, per Matteo. Credo che il suo ambito di studi gli sia servito per venire qui in azienda e occuparsi delle varie sfaccettature della stessa.

Terminata la chiacchierata con l’Arch. Avella, torniamo ad ascoltare Matteo, andando OLTRE la sua vena imprenditoriale, scrutando il suo essere e proiettandoci al futuro.

Matteo, ripartiamo proprio dalla scuola! Com’era a scuola Matteo Avella?

Io mi sono diplomato al Liceo Classico, ma non ero per niente studioso. Potremmo chiedere ai miei ex professori che sicuramente vi direbbero di peggio. Successivamente, mi sono laureato al corso triennale di Economia e Organizzazione Aziendale: mi è piaciuto molto! Di lì mi sono specializzato a Roma in Management, frequentando un percorso di studi specifico proprio sulle aziende operanti sia nell’industria che nella distribuzione dei prodotti da consumo extradomestico.

Col tempo, insomma, ho recuperato!

Studi finiti, ci racconti del primo giorno in Acqua Amata?

Il primo giorno in Acqua Amata lo ricordo bene, come se fosse ieri: non è stato semplice perché io rappresento la terza generazione! Non sapevo come comportarmi, ma grazie all’aiuto di mia madre e di tutti i collaboratori, interni ed esterni, ho imparato, oggi, a portare avanti l’azienda.

Il rapporto con i dipendenti?

Io li chiamo collaboratori e non dipendenti: è come se fosse la mia seconda famiglia! Noi ci aiutiamo a vicenda. Il nostro rapporto va oltre quello lavorativo. Se loro hanno bisogno di un aiuto, noi ci siamo!

Hobby e passioni?

Per fortuna, vista la giovane età, qualche hobby/passione riesco a coltivarlo. Le mie passioni sono le auto e i kart. Tra due giorni, difatti, andrò a ritirare l’auto nuova. È di colore blu, lo stesso identico colore di Acqua Amata. Domenica, invece, diventerò ufficialmente volontario della Croce Rossa Italiana per il Comitato di Ostuni. Una passione che è nata con l’emergenza Covid, periodo in cui come azienda abbiamo deciso di donare acqua a volontà per i più bisognosi.

Spiegaci meglio.

La passione per il sociale nasce perché, durante la prima ondata Covid, mi sono avvicinato alla Croce Rossa Italiana. Grazie a loro ho visto con i miei occhi tanta gente soffrire e che purtroppo non aveva neanche la possibilità di concedersi beni primari come acqua e pane. Da questa esperienza toccante mi sono appassionato al mondo del volontariato.

Cambiamo argomento: perché Acqua Amata?

Acqua Amata rappresenta, per noi, per la nostra famiglia. Un nome molto bello, pieno di significato: Amata perché è amata da tutti! Il nostro primo slogan lo lasciava intendere: “Ama la tua vita, bevi Acqua Amata”.

Dicci ora perché, secondo te, Acqua Amata piace ai vostri consumatori?

Perché Acqua Amata fa bene a tutti! È ideale per le diete povere di sodio, è ricca di calcio, magnesio e potassio e ha un pH neutro di 7,14. È adatta a tutti ed io, ovviamente, la bevo…e mi piace molto!

I tuoi amici e conoscenti, cosa bevono quindi?

Naturalmente, Acqua Amata! Qualche mio amico ha scoperto successivamente che io rappresento la terza generazione aziendale, ma beveva già il mio brand (sorride ndr).

Chi ti senti di ringraziare?

Ringrazio tutti i miei stakeholder, ma soprattutto la mia famiglia: se oggi sono una persona che raggiunge determinati obiettivi è per la formazione che ho ricevuto e per i valori che mi hanno trasmesso.

Descriviti, adesso, con tre aggettivi…

Chi è Matteo Avella? Pochi tre aggettivi per descrivermi. Sono, sicuramente, una persona ambiziosa, precisa e determinata.

Domanda da un milione di dollari: cosa c’è OLTRE?

OLTRE c’è…far diventare Amata un brand nazionale! Questo è quello che continuiamo a fare dal 1996 ad oggi. Nel 2021 abbiamo investito 9 milioni di euro per acquistare nuove linee produttive, per costruire nuovi magazzini, per puntare sull’innovazione tecnologia. OLTRE c’è rendere orgogliosi tutti i nostri stakeholder: orgogliosi di far parte della nostra Amata famiglia. OLTRE c’è continuare a credere in questo sogno, nella famiglia Amata. OLTRE c’è ACQUA AMATA!

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